La Sardegna è interessante perché è un’isola e questo, in qualche misura, può fare sì che diventi un “laboratorio” nel quale sperimentare le tecnologie, valutando soprattutto le criticità e, in particolare modo, le questioni legate alla produzione e allo stoccaggio dell’idrogeno;
Abbiamo la necessità di trovare un’alternativa al gasolio, che sia a impatto zero ma abbiamo anche alla necessità di abbattere le emissioni di CO2 nel sistema dei trasporti: in Sardegna, a fronte di una riduzione in tutti i settori, si rileva un continuo aumento delle emissioni legate al macrosettore dei trasporti (nel 2018, +53% rispetto al 1990, con un aumento annuo del 2.0% negli ultimi 8 anni).
Finanziamento MIMS
In questo senso, La Sardegna ha già destato l’interesse del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, che ha destinato all’Isola la quota più consistente dei finanziamenti destinati a tre progetti che prevedono l’introduzione dell’idrogeno per decarbonizzare delle ferrovie;
140 milioni che sono destinati al Collegamento ferroviario “Alghero centro ‐ Alghero aeroporto” (7 chilometri) con la realizzazione di un impianto di produzione di idrogeno e l’introduzione di 5 treni a idrogeno sulla linea Sassari-Alghero-Aeroporto”;
Inadeguatezza delle rete e vetustà del materiale rotabile
Infine, la Sardegna può rappresentare, sicuramente, “il” laboratorio più interessante proprio per la necessità di superare i ritardi nello sviluppo dei trasporti su rotaia che, oggi, in una fase di transizione energetica, rappresentano un limite che dobbiamo necessariamente, e in parte obbligatoriamente, superare;
Oggi, il contesto regionale si caratterizza per l’inadeguatezza della rete (in buona parte a scartamento ridotto), per la vetustà del materiale rotabile e, anche, per i ritardi nella programmazione e pianificazione in materia di trasporti;
• Il Piano regionale dei trasporti attualmente in vigore è stato approvato nel 1993, poi aggiornato sino al 2008: praticamente sono passati quasi trent’anni che, per il settore dell’energia e dei trasporti, rappresentano una vera e propria “era geologica”;
La rete ferroviaria della Sardegna è mista: si estende per 1035 chilometri e, come ho detto prima, solo 430 sono a scartamento ordinario, e sono gestiti da RFI, mentre gli altri 600 sono a scartamento ridotto;
Questa rete è gestita dall’Arst, l’azienda regionale di trasporti che ha anche la gestione del trasporto regionale su gomma e delle due metropolitane di superficie di Cagliari e Sassari;
• Come detto, la rete non è elettrificata, e solo per 50 chilometri (da Cagliari a San Gavino) è presente il doppio binario;
• Il resto della Sardegna è coperto dai 600 chilometri della rete secondaria, in particolare ci sono 5 tratte attive di trasporto pubblico, per un totale di poco più di 200 chilometri, che svolgo un servizio capillare;
• I restanti 400 chilometri costituiscono le reti turistiche attive prevalentemente d’estate, e su richiesta: si tratta di collegamenti che oggi stanno conoscendo una fase interessante di rilancio e promozione, anche a seguito della legge 128 del 2017, istitutiva delle ferrovie turistiche;
Mentre, il materiale rotabile, come ho detto prima si caratterizza per la particolare vetustà;
• A parte l’acquisto di 8 treni pendolanti, tra il 2009 e il 2014 (che tra l’altro sono entrati in servizio con molto ritardo per l’inadeguatezza della rete), e e 8 treni “Minuetto”, entrati in servizio tra il 2006-2008, il resto del materiale rotabile è abbastanza datato;
• Più vetusto il parco delle ferrovie secondarie che annovera vetture entrate in servizio alla fine degli anni ‘50 e di motrici entrate in servizio nel 1997;
• Tra l’altro, la rete secondaria, come ho detto prima, svolge un servizio capillare in territori dove l’elettrificazione non sarebbe conveniente sotto il profilo costi/benefici dell’infrastruttura;
Gli utenti del servizio e mercato potenziale
In una regione a bassa densità e soprattutto con una distribuzione non omogenea della popolazione (con una forte concentrazione nelle aree metropolitane), c’è la necessità di spostarsi per raggiungere il luogo di lavoro, la scuola, i centri direzionali, i luoghi di cura;
In Sardegna il pendolarismo si caratterizza per il ricorso al trasporto pubblico locale: treno, tram, bus, pullman e corriere;
Secondo il centro ricerche CRENOS, dell’Università di Cagliari, tra il 2010 e il 2019 la percentuale di pendolari che hanno utilizzato i mezzi pubblici è cresciuta, fino a raggiungere il suo punto massimo nel 2017 con il 18,2 per cento (stiamo parlando della popolazione formata dagli occupati con più di 15 anni e dagli studenti fino a 34 anni che sono usciti di casa per recarsi al lavoro, università, scuola); per la prima volta le percentuali della Sardegna sono risultate superiori a quelle del Mezzogiorno (che si attestato al 14,3 per cento) e appena al di sotto di quelle registrate nel Centro-Nord (il 20 per cento);
L’uso del trasporto ferroviario
Per queste ragioni la percentuale di popolazione che usa il treno continua ad essere bassa: nel 2019 si è attestata attorno al 14,1 per cento, a fronte di una percentuale del 24,3 per cento del Mezzogiorno e del 44,6 per cento del Centro-Nord;
Questo quadro mostra ampie opportunità di sviluppo di una rete ferroviaria a idrogeno in considerazione:
• della necessità di individuare una fonte o un vettore di energia a zero emissioni, in grado di affrontare la decarbonizzazione in una regione priva di rete ferroviaria elettrificata;
• necessità di abbattere le emissioni di CO2 del macro-settore trasporti e in particolare del trasporto su strada che incide per oltre il 90 per cento, spostando il traffico su rotaia, anche realizzando interventi per migliorare la rete e la qualità del servizio;
• avviare un processo di rinnovo del sistema dei trasporti puntando sull’intermodalità, oggi, parzialmente incompiuta, con porti e aeroporti, e garantendo una maggiore interconnessione tra i diversi sistemi di trasporto extraurbano come quello su gomma.
Le priorità da affrontare nei prossimi anni per lo sviluppo del settore (delle ferrovie a idrogeno)?
Ci troviamo di fronte a una serie di sfide da affrontare anche con urgenza:
• In primo luogo, ci sono da affrontare gli aspetti legati alla produzione e allo stoccaggio dell’idrogeno, tenendo conto che il nostro Paese ha scelto di percorrere la strada dell’idrogeno verde, quindi da fonti rinnovabili. A questo proposito, c’è da dire che in Italia si registra uno sviluppo delle rinnovabili discontinuo e troppo lento rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione;
• In secondo luogo, dobbiamo sviluppare progetti pilota per valutare criticità e opportunità soprattutto in un’ottica di maggiore interconnessione di tutto il macro-settore Trasporti. Oggi non è più pensabile lavorare per compartimenti stagni, ma bisogna avere una visione d’insieme che integri i diversi sistemi, anche per sfruttare meglio i punti di forza di ciascuno, sia in termini di qualità del servizio sia in termini di contenimento dei consumi;
• Il terzo aspetto è legato alla necessità di avviare un processo di recupero occupazionale nell’ambito di un più ampio processo di sviluppo professionale. Bisogna essere capaci di Governare la transizione è questo lo possiamo fare, non solo formando nuovi tecnici, ma riconvertendo e valorizzando le vecchie professionalità. Le nuove tecnologie, se ben gestite in termini di investimenti e di organizzazione, possono e debbono partecipare a quel processo di cambiamento industriale-produttivo in corso, soprattutto in aree dove la deindustrializzazione rischia di lasciare dietro di sé molte vittime.
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