Nei giorni scorsi è circolata la notizia che l’UNESCO avrebbe privato del proprio riconoscimento il Parco Geominerario storico e ambientale della Sardegna, in realtà vi è stato solo un rinvio in quanto i commissari dopo aver effettuato la visita, nello scorso mese di Luglio, hanno richiesto ulteriori chiarimenti.
Come ben sapete il Parco Geominerario della Sardegna è stato il primo a essere inserito nella rete dell’UNESCO, in questi anni però il lassismo dell’amministrazione regionale, la sua reticenza a opere di seria portata, ha prodotto un nulla di fatto nella sua realizzazione. Da allora a oggi è stato investito sul progetto, molto denaro pubblico, forse anche troppo, soprattutto se si considera l’esiguità dei risultati. È palese anche all’occhio più distratto, che i luoghi facenti parte il Parco sono in stato di abbandono, privi della manutenzione e dell’attenzione di cui hanno urgente necessità. Sono passati ben due anni, da quando l’Unesco ammonì la Regione a eseguire tutte le misure per far partire le attività di rilancio del Parco. Segno questo che i fondi, c’erano e ci sono, ma sono stati destinati e pianificati con poco buonsenso e oculatezza.
Nell’intento di smuovere le acque e portare la “questione” Parco al centro dell’interesse nazionale, nei giorni immediatamente successivi alla visita dei commissari dell’UNESCO, accompaganti dal Presidente della consulta delle associazioni (Giampiero Pinna) io, alcuni deputati della Commissione Ambiente della Camera dei deputati (Alberto Zolezzi, Federica Daga, Massimo De Rosa) e la deputata Paola Pinna, abbiamo organizzato un sopralluogo nei territori del Parco Geominerario. La nostra volontà era di verificare lo stato dei lavori e aprire un dialogo con le amministrazioni locali, per individuare e mettere in moto tutte le azioni possibili per la realizzazione di questo grande progetto. A motivarci in modo ancora più forte è stata ed è la grave condizione di depressione economica dell’area e la grande prospettiva di sviluppo che questa preziosa risorsa può offrire alla popolazione locale.
In quell’occasione abbiamo incontrato il sindaco di Iglesias, il commissario del Parco Antonio Granara e un amministratore di Buggerru.
Il sindaco Emilio Agostino Gariazzo, nonostante gli impegni, ci ha dedicato parte del suo tempo, soffermandosi in particolar modo su alcune criticità, per esempio, una parte della cittadinanza vede il Parco, non come una risorsa ma come un ostacolo allo sviluppo edilizio, questo è da addebitarsi a un sistema politico che sul territorio spesso ha avanzato interessi meramente speculativi.
Il successivo incontro è avvenuto nella sede del Parco stesso con la presenza del commissario Antonio Granara e dei suoi collaboratori. Il commissario ha illustrato alla delegazione la storia delle miniere del Sulcis e guidato nella visita della sede del Parco, mostrando le esposizioni presenti e di conseguenza illuminando la delegazione sull’enorme potenzialità di questa parte del territorio sardo.
L’ultima tappa è stata il Comune di Buggerru, dove aimè, per ragioni “sconosciute” sia il Sindaco che il suo Vice, hanno rifiutato l’incontro con la delegazione dei 5 deputati Cinque Stelle di cui facevo parte. Nonostante avere mobilitato e portato sul territorio parte della Commissione Ambiente, per ascoltare le richieste della comunità, l’amministrazione ci ha negato un semplice incontro e respinto di conseguenza la possibilità di vedere rappresentate in Parlamento le richieste ed esigenze specifiche dei suoi cittadini. Un atteggiamento, questo dell’amministrazione, riconducibile tanto a un forte pregiudizio politico quanto a interessi di cortile e di schieramento partitico, che purtroppo vanno a danneggiare un territorio già colpito in modo tragico dalla crisi economica.
Stesso atteggiamento da parte dell’IGEA, che ha negato alla delegazione del Movimento la visita alla Galleria Henry e a Porto Flavia, quasi a volere occultare lo stato di forte deterioramento dei siti. Questa subcultura è parte determinante nel mancato decollo dell’ente Parco, ed è fortissimo il rischio di perdere definitivamente il riconoscimento dell’UNESCO. Se ciò accadesse, sarà una sconfitta e un’altra delle tante “occasioni mancate” per il popolo sardo e avrà un solo colpevole: la classe politica regionale, la cui volontà è mantenere uno stato di sola sussistenza per continuare ad alimentare un sistema clientelare che si traduce in una manciata di poche ore di lavoro precario e tanti voti di persone in buonafede. La riforma del Parco è possibile e si può ancora realizzare effettuando REALMENTE le bonifiche, migliorando le infrastrutture per sviluppare il turismo e creare di conseguenze occupazione ai tanti giovani qualificati e capaci costretti alla fuga da queste terre. Queste opere, se bene pianificate, porterebbero a una crescita del Sulcis e di conseguenze di tutta la nostra Isola.
Il prossimo passo sarà portare avanti una serie di riforme atte a ridurre il numero dei ministeri coinvolti nella gestione del Parco e indicare quali e quanti enti locali potranno farvi parte. La nostra battaglia per lo sviluppo di una delle terre più “povere” e abbandonate di Italia non finisce qui, rimanete collegati.
Andrea Vallascas
P.S.
Ringrazio per le fotografie Antonio Massoni che da Novembre 2011 lavora e segue, assieme a me, le varie vicissitudini del Parco Geominerario.
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