Ingegno e creatività delle imprese italiane sono penalizzati da un quadro normativo europeo in materia di brevetti incerto e frammentario che provoca una riduzione delle tutele dei nostri prodotti e della competitività del sistema nel suo complesso.
E’ quando ho denunciato in una risoluzione presentata in commissione Attività Produttive sulla questione del Brevetto europeo e sui numerosi ostacoli che aziende e operatori italiani devono affrontare per vedersi riconosciuta un’invenzione a livello internazionale.
L’Italia è sempre stata tra i primi dieci posti in Europa per numero di richieste di brevetto, un segno del grande ingegno e della creatività di aziende, ricercatori e inventori. Oggi, viceversa, stiamo assistendo a un progressivo calo di istanze presentate, una riduzione non tutta addebitabile alla crisi economica, ma al meccanismo spesso estenuante che scoraggia soprattutto i nostri ricercatori.
Attualmente, e in attesa dell’avvio del Brevetto unico europeo, tutti i procedimenti fanno capo all’Ufficio europeo dei brevetti, con sede a Monaco di Baviera. L’ufficio è nato proprio con lo scopo di facilitare l’iter delle istanze e ridurre gli oneri, cercando di uniformare i procedimenti nei diversi paesi europei. In realtà sono emersi diversi elementi che limitano soprattutto alcuni paesi come l’Italia.
Le difficoltà iniziano già con la questione della lingua ufficiale riconosciuta dall’Ufficio, da individuare esclusivamente tra inglese, francese e tedesco, con un conseguente costo aggiuntivo per le traduzioni certificate. Una vergogna che è stata reiterata, nonostante l’opposizione di Italia e Spagna, nella nuova normativa che istituisce il Brevetto unico europeo, che deve essere ancora ratificata dagli stati membri.
Una volta concesso, il brevetto europeo deve essere nazionalizzato, attraverso procedure di convalida nei singoli paesi, con un considerevole aumento degli oneri a carico del soggetto titolare dell’invenzione. E’ stato calcolato che per ottenere un brevetto valido in tutti i paesi membri si debbano spendere dai 36 ai 40mila euro, a fronte dei 1.850 degli Stati Uniti e dei 600 euro della Cina.
Questo stato di cose rischia di rappresentare un ostacolo insormontabile per aziende, ricercatori e inventori italiani, soprattutto in una fase, come quella attuale, di grave crisi recessiva, che ha indebolito il tessuto produttivo e sociale, con ripercussioni sui livelli produttivi e occupazionali. In molti casi, per contenere i costi, che altrimenti risulterebbero insostenibili, le imprese selezionano un ristretto numero di paesi con un conseguente affetto negativo sull’efficacia del titolo brevettuale.
Al Governo viene chiesto di intervenire in materia di tutela della proprietà intellettuale, anche in relazione alla Presidenza italiana del semestre europeo, promuovendo un riordino e un chiarimento sui procedimenti, eliminando una volte per tutte alcuni ostacoli dannosi per l’economia italiana, come ad esempio l’impossibilità di usare la lingua italiana
Fonte: www.andreavallascas.it
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