La spartizione della torta europea: Cina e Stati Uniti all’assalto del vecchio continente
La minaccia egemonica dei colossi americani e cinesi nei confronti del continente europeo è la sfida che il vecchio continente si appresta ad affrontare, facendosi sorprendere del tutto impreparata al confronto. Dilaniata da una guerra “fratricida” per la leadership interna, e da un pangermanismo indiscutibile, rischia di diventare terra conquista di Stati Uniti e Cina.
In questo ultimo periodo, mi sono occupato dei pericoli prodotti dell’ingresso di capitali del Celeste Impero, su diversi settori finanziari e produttivi dell’economia italiana, presentando diverse interrogazioni alla Camera dei Deputati, per chiedere conto al Governo di quale strategia intendesse mettere in atto a tutela dell’economia nazionale.
Oggi l’economia è il nuovo scenario mondiale all’interno del quale si muovono le potenze straniere, come Stati Uniti, Russia e Cina, una moderna guerra di trincea si affaccia sul ventunesimo secolo; in questi anni noi abbiamo registrato un forte interesse della Cina. Nel 2014, l’Italia è stato il primo paese dell’Eurozona per investimenti cinesi, con un ammontare complessivo di 3,5 miliardi di dollari;
Gli osservatori internazionali inquadrano questo interessamento in un contesto più ampio, legato agli interessi economici non solo della Cina, ma anche degli Stati Uniti; Con l’accordo stipulato a Luglio con lo storico nemico Iran, gli Stati Uniti abbandonano l’area instabile e poco remunerativa quale quella medio-orientale per dedicarsi al mercato asiatico in forte crescita, e con la firma recente del Tpp, stabiliranno le regole del commercio nell’area dell’Asia e del Pacifico per i prossimi decenni; con questa operazione vanno ad insidiare proprio nel suo mercato la Cina, la quale si è dimostrata in questi anni l’antagonista più pericolosa per Washington. Come in una partita a scacchi il “celeste impero”, che risponde con le stesse armi statunitensi allarga anch’essa le sue operazioni commerciali, in quella terra di conquista e controllo che dal secondo dopoguerra è stata, per l’America, l’Europa;
Non è un caso che gli acquisti, chiamiamoli così, degli investitori cinesi, si siano inizialmente attestati, intorno al 2 per cento per poi diventare in alcuni settori ben più consistenti;
Sapete perché? Perché le partecipazioni azionarie che raggiungono il 2 per cento devono essere comunicate alla Consob. Sono pubbliche. In questo modo la Cina fa sapere all’America di aver occupato un nuovo tassello in Europa, perché, non dobbiamo trascurarlo, nella logica geopolitica e geoeconomica degli Stati Uniti, l’Europa è un mercato ed una proprietà americana; L’economia è la chiave di lettura delle strategie delle cosiddette superpotenze internazionali;
La stessa contrapposizione, seppure velata, tra Stati Uniti e Germania, sulle vicende della Grecia ne è una conferma. Gli Stati Uniti hanno affidato alla Germania il compito di vigilare sull’Europa, compito che la Germania non ha saputo assolvere;
Per gli americani, ma anche per la Russia e per la Cina, è meglio un’Europa unita, che non perda pezzi. Perché questa Europa qui, così malandata, così diversa al suo interno, è debolissima, e si può controllare più facilmente;
Lo scandalo della Volkswagen potrebbe essere una sorta di ammonimento da parte di Obama nei confronti della repubblica federale tedesca che con la sua intransigenza ha rischiato di far saltare il sistema UE e con esso l’accordo per il TTIP (che metterà fine alla sovranità economica dei popoli europei), accordo che è stato contestato proprio dal popolo tedesco con una manifestazione composta da 250.000 persone.
È di fronte a questa situazione che si sente la necessità di una strategia economica e industriale forte da parte del nostro paese, una strategia che ci consenta di avere un ruolo attivo nella nostra economia e non essere delle pedine di un più ampio disegno di cui noi non vogliamo fare parte;
Come possono, le nostre aziende, competere oggi di fronte a colossi come la Cina?
Sicuramente rivoluzionando il nostro modo di fare economia, sono molti i deficit del sistema Italia in parte generati da mali storici come la corruzione, in parte dalla scarsa volontà politica di cambiare, perché i gruppi al potere spesso sono spinti da interessi di cordata e lobbistici e di questi e dei loro interessi sono l’ultima espressione. Aggiungiamo che l’instabilità politica, e l’assenza di un piano industriale, sono il terreno fertile in cui attecchiscono paesi come la Cina che una strategia la ha e anche piuttosto efficace;
Bisogna inoltre spostare l’attenzione nei fondi sovrani internazionali, che sono in realtà fondi pubblici che dispongono di una forte liquidità; ma badate bene, non vengono in Italia a creare sviluppo come qualcuno millanta a gran voce!
Sono in pratica gli Stati ad essere soggetti economici che investono liquidità nel mondo a seconda del profitto maggiore che possono realizzare e la liquidità che viene allocata nel nostro Paese non produce e non crea lavoro; in conclusione occorre che una nuova classe politica, con una visione “sana” e orientata alla pianificazione di lungo periodo( non si parla dunque di un piano economico in slide a scopo propagandistico e pre-elettorale) prenda le redini per controllare e gestire processi che lasciati liberi rischiano di desertificare la nostra economia.
fonte : www.andreavallascas.it
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