La legge elettorale tra accordi e trattative sottobanco è costantemente al centro del dibattito politico italiano, ne sono invasi i giornali e le reti televisive di regime, unanimamente è individuato come l’argomento centrale oggetto della contesa-intesa Renzi-Berlusconi. L’Italicum per il Gianni e Pinotto della politica italiana è il cuore del dramma italiano, la priorità assoluta nella scala delle emergenze da affrontare
Ma é effettivamente questa la priorità dei cittadini italiani? Possiamo andare oggi dai 1200 operai della Electrolux e dire abbiamo trovato la soluzione per voi la soglia è stabilita al 35%? Possiamo andare dagli esodati e dire con soddisfazione: abbiamo confezionato una nuova legge e questo Paese cambierà volto? Possiamo andare da quel 40% di giovani disoccupati privi di ogni prospettiva, e dire con la preferenza, la lista bloccata, grazie al pastrocchium o bastardellum, i tuoi problemi saranno risolti?.
Fiat diventa Fca e trasloca, sede legale in Olanda, quella fiscale in Gran Brettagna, Bankitalia è degli italiani a metà, Poste sul mercato a breve al migliore offerente. Ma tutta l’attenzione è su di lui l’Italicum, questo è il primo frutto, già marcio, del nuovo fenomeno italiano: il tandem Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Per l’Italicum, Sisto e i compagni del PD hanno lavorato notte e giorno in commissione affari costituzionali, a una velocità sconosciuta sino ad adesso.
Con questo non si intende dire che iI tema “legge elettorale” è un argomento non rilevante, ma siamo sicuri che sia sufficiente una legge ordinaria a rendere un Paese migliore? Siamo sicuri che non sia un problema di coscenze? Forse basterebbero, più semplicemente, solo uomini migliori?.
Ci si può imbarcare in discussioni interminabili, cercando di capire se la soluzione sia il sistema proporzionale o quello maggioritario, il primo assicura di certo una rappresentanza ampia ed è più vicino al dettato costituzionale. Il secondo invece finge di assicurare la “governabilità”, ma di fatto i due schieramenti maggiori (nell’ipotesi, essendo l’unione in coalizione degli stessi partiti), di fatto non risolve l’annoso ricatto a opera dei piccoli partiti sui grossi partiti (insomma una guerra in famiglia).
È interessante osservare come questi sistemi indifferentemente funzionino benissimo in altri paesi europei. Ma non in Italia, perché? Come già precedentemente affermato, è illusorio quanto inutile modificare il sistema elettorale, se non si cambia una certa mentalità,clientelare, pappona, propensa alla corruzione e alla marchetta, che imperversa e domina le istituzioni politiche italiane.
Si assiste in questi giorni a cose invereconde, si attribuisce ai piccoli partiti la responsabilità, della non governabilità, ma il governo Letta è nato dalla coalizione tra Pd e PdL, oltre che Scelta Civica, di fatto nessun piccolo partito.
Ma i “piccoli” sono utili (ecco la soglia al 4,5%), servono a raccattare voti, perciò si tengono in vita. Perché, infatti, non si discute di eliminare le coalizioni prima delle elezioni?.
Indipendentemente dalla composizione della maggioranza, l’ingovernabilità rimane un ostacolo insormontabile, perché le motivazioni alla base della continue fibrillazioni all’italiana, sono la centralità odiosa e vergognosa degli interessi dei singoli. Sono queste spinte a determinare la stabilità di un Governo e a guidarne le scelte politiche.
Osserviamo due paesi del panorama europeo: la Germania dove è presente il sistema proporzionale (al momento retta dalla cosiddetta grande colazione, per niente simile alla grande ammucchiata all’italiana) o il Regno Unito in cui vige il sistema maggioritario. Come mai non si hanno le crisi di Governo che abbiamo noi?
In Italia si è passati dalla prima Repubblica (proporzionale) alla seconda (maggioritario) senza grandi cambiamenti, abbiamo assistito nel tempo ad un peggioramento del livello della politica, con una perdita di rappresentanza e potere dei cittadini sempre più totale.
l grandi “maneggioni” concentrano l’attenzione sulla legge elettorale, perché nel monopoli della politica si gioca lì la suddivisione della torta del potere: collegi, cariche, poltrone e nomine per i nominati della casta.
In un momento in cui il Paese sprofonda in una crisi economica senza precedenti, una famiglia su sette vive in condizione di povertà, la priorità dell’agenda politica non è il lavoro, mentre Silvio e Matteo, pianificano la prossima porcata, tantissime piccole e medie imprese chiudono le saracinesche strangolate da una pressione fiscale e un sistema bancario killer, i giornali di regime titolano da almeno due anni: agganciamo la ripresa. Quale ripresa?
Sarebbe interessante capire perché la priorità non sia individuare una via d’uscita per questa, ormai, stagnazione che perdura dal 2009.
A fronte di questa drammatica guerra che vede Pdl e Pd flertare per la spartizione del Paese, si complotta, non ai danni del M5S, ma ai danni degli Italiani. Come cittadino rimango ancora incredulo, nonostante ormai sia dentro il palazzo quasi da un anno, da una sfrontatezza che ricorda il rampantismo Craxiano, in tempi che vorremmo diversi. Dietro la foglia di fico delle riforme costituzionali ( sbandierate ai quattro venti da Renzi), un finto piano per il lavoro dal nome allettante (Job Act), si evita di affrontare il vero problema: i provvedimenti a favore dell’occupazione. Perché non si contrastano le decisioni suicide del Fiscal Compact?, perché non si rivedono i Trattati dell’U.E.?
Forse perché la priorità non è questa, per Pdl e Pd, nulla può essere più importante dell’Italicum e del grande imbroglio dei due prestigiatori: Silvio da Arcore e Matteo dal Nazzareno, il grande sogno della governabilità, cioè di un Governo tutto loro in cui le opposizioni siano una piccola fetta in cui in silenzio si fa calare la tagliola o ghigliottina definitiva, non avrà vita facile. Il calcolo fatto potrebbe essere illusorio, questa volta hanno trovato la strada sbarrata dal Movimento Cinque Stelle, da tutti i cittadini italiani fuori e dentro le istituzioni, perché con i cittadini in parlamento : “l’onestà andrà di moda” e questo non è uno slogan ma un modo di vivere la vita e la politica.
Andrea Vallascas
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