«Le nuove dinamiche dei flussi commerciali nel Mediterraneo, che spostano il baricentro delle rotte verso la Sardegna, rappresentano un’importante occasione di rilancio del Porto industriale di Cagliari, ormai fermo da quasi due anni. Considerati anche i benefici che ne potrebbe trarre tutta l’economia del sistema Paese, è necessaria una strategia nazionale che coinvolga in primo luogo il Governo per gli investimenti necessari a rendere il porto competitivo e per sostenere l’attività svolta dall’Authority nell’individuazione del nuovo terminalista».
È quanto sostiene, Andrea Vallascas, deputato di L’Alternativa c’è in un’interpellanza ai Ministri delle Infrastrutture e trasporti, dello Sviluppo Economico, del Lavoro e per la coesione territoriale e il Mezzogiorno in merito al rapporto 2020 “Italian Maritime Economy” del Centro Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (SRM), dal quale emergerebbe che il baricentro del traffico commerciale via mare nel Mediterraneo si sarebbe spostato dallo Stretto di Gibilterra verso l’Italia.
«Attraverso l’osservazione satellitare dei passaggi delle navi portacontainer – spiega Vallascas -, considerando porto di partenza e destinazione finale, dal 2012 a oggi sarebbe stato osservato, per porti di partenza meno lontani o porti di destinazione più vicini all’area del Mediterraneo, uno spostamento verso il nostro Paese del punto di massima concentrazione dei passaggi».
«Si tratta di un fenomeno importante – aggiunge – per comprendere che l’Italia, e soprattutto la Sardegna, continua a mantenere una posizione geografica di vantaggio nel Mediterraneo: uno snodo centrale sia dei traffici regionali che di quelli globali».
«Si tratta – prosegue Vallascas – di un’opportunità per il settore del trasporto marittimo italiano e, soprattutto, potrebbe rivelarsi una straordinaria prospettiva di rilancio, come hub centrale di transhipment nel Mediterraneo, del Porto industriale di Cagliari, fermo da quasi due anni, dopo l’abbandono da parte del concessionario e il licenziamento di 207 lavoratori, a cui si aggiunge un indotto, tra società di servizi portuali, manutentori, agenzie marittime, società di import-export, che si aggira attorno alle 700 persone».
«Ma per sfruttare pienamente questa opportunità – aggiunge – è necessario rimuovere tutti gli ostacoli che, al di là delle condizioni di mercato sfavorevoli, hanno ridotto la competitività del porto di Cagliari. Pensiamo, ad esempio, all’inadeguatezza o ai mancati investimenti in infrastrutture portuali, alla mancata attivazione degli istituti giuridici di vantaggio (come la Zona economica speciale) e alla generale assenza di visione strategica sul ruolo del porto quale volano di sviluppo per l’economia dell’Isola».
«Il rilancio del terminal di Cagliari – conclude Vallascas – deve rientrare in una strategia nazionale, attraverso adeguati investimenti infrastrutturali, per accrescerne la competitività e per sostenere la stessa attività di scouting, condotta dell’Autorità di Sistema Portuale per individuare il nuovo terminalista. Al Governo viene inoltre chiesto quale sia lo stato di attuazione di istituti giuridici di vantaggio, come la Zes, e dell’agenzia dei lavoratori del porto di Cagliari, così come è stato già fatto per Taranto e Gioia Tauro, al fine di salvaguardarne le professionalità, in attesa dell’individuazione di un soggetto gestore».
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