Il lockdown ha fatto precipitare, da un giorno all’altro, milioni di lavoratori italiani nello smart working non pianificato. Una condizione di disagio e caos lavorativo, tra spazi inadeguati, strumentazioni insufficienti e, spesso, nella totale assenza di regole sugli orari di lavoro. Sulla base di questa esperienza, è urgente modificare la normativa in materia, anche per preparare il mercato del lavoro all’orientamento di molte aziende italiane intenzionate a ricorrere allo smart working e al telelavoro anche dopo l’emergenza».
Con questi presupposti, il deputato del Movimento 5 stelle, Andrea Vallascas, ha presentato una proposta di modifica della legge 22 maggio 2017, n. 81, in materia di lavoro agile (Smart working).
«Sono stati circa sette milioni e 800mila i lavoratori rimasti a casa durante il lockdown – spiega Vallascas –. Di questi, un milione e 800mila hanno continuato a lavorare dalla propria abitazione. E se pensiamo che, prima dell’emergenza, le persone che lavoravano da remoto, erano appena 500mila, comprendiamo lo stravolgimento che l’emergenza ha provocato sul nostro modo di lavorare».
«L’eccezionalità del momento – prosegue – non ha permesso nessuna pianificazione sull’organizzazione del lavoro, sugli spazi, sul lavoro per obiettivi, né un’adeguata preparazione. In molti casi, i lavoratori italiani hanno dovuto fare i conti con il “nomadismo domestico”, con i turni in famiglia per l’uso di pc e tablet e con la totale assenza di regole sugli orari di lavoro, per non parlare del mancato rispetto del diritto alla “disconnessione” e del maggiore carico domestico che è ricaduto sulle lavoratrici».
«Questa proposta di legge – aggiunge Vallascas –, che modifica la legge 22 maggio 2017, n. 81, nasce da un’analisi di quanto accaduto. L’obiettivo è rafforzare le tutele del lavoratore, migliorare la qualità del lavoro e delle prestazioni e garantire il rispetto della vita privata. La proposta interviene su quegli aspetti che si sono dimostrati più “deboli”: sulle competenze necessarie, sugli spazi, sulle dotazioni tecnologie necessarie e sul rispetto degli orari di lavoro e del diritto alla “disconnessione”».
«In particolare – spiega Vallascas –, oltre a fornire una chiara definizione del lavoro agile, la proposta stabilisce le modalità di adesione allo smart working e i criteri per la sottoscrizione degli accordi tra lavoratori e datori di lavoro. Accordi ne quali vengono definiti l’organizzazione del lavoro, in base a programmi e obiettivi, gli standard di spazi e dotazioni strumentali, le integrazioni stipendiali per gli strumenti tecnologici, informatici e di telecomunicazione e per la copertura dei costi delle utenze dell’energia elettrica, della telefonia fissa e mobile, delle connessioni alla rete internet».
«Il lavoro agile – conclude – non deve diventare un’occasione per abbattere i costi di produzione a discapito delle condizioni dei lavoratori. La proposta prevede, quindi, l’obbligo di alternanza tra periodi di lavoro agile e di lavoro in presenza, per garantire la formazione e crescita professionale del lavoratore, attraverso la partecipazione attiva alla vita in azienda. E introduce misure per il rispetto degli orari di lavoro e del diritto alla disconnessione, anche attraverso la promozione delle buone pratiche e la diffusione di protocolli e codici etici
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